“Non lungi da Mattarello verso il Calliano sta di notabile la nobil Sorgente, o Scaturiggine dell’Acqua viva.” Così annotava Michelangelo Mariani, nel 1673, nel descrivere i dintorni di Trento, relativamente a quell’apertura pianeggiante, non lontana dalla Città, ai piedi del monte Scanucchia o “monte dei faggi”. La presenza della sorgente e la vicinanza del fiume Adige avevano fatto sì che anche i Romani avessero scelto la località per dare vita ad un loro insediamento, proprio al bivio dove si staccava un’importante strada che collegava, attraverso il valico di Bosentino, la via Claudia Augusta con quella “Altinate” che si snodava lungo la Valsugana. Dopo alterne vicende, legate a quelle del Principato Vescovile di Trento e delle nobili famiglie proprietarie della “Torre Franca” di Mattarello e dei conti Trapp di Castel Beseno, nel Settecento, alcune famiglie del patriziato trentino scelsero la zona a Sud del capoluogo quale sede di soggiorno estivo, con la conseguente trasformazione in ville dei masi lì preesistenti. Anche i nobili Bortolazzi, completato il loro palazzo di Trento, terminate le residenze di Vattaro, di Vigolo, le ville che possedevano a Povo, al Salè, agli Spini di Gardolo ed a Roncafort, ed ottenuto il titolo comitale nel 1702, intrapresero i lavori di rinnovamento del maso dell’Acquaviva che possedevano dalla seconda metà del Seicento. I lavori di trasformazione, avviati da Bartolomeo (I) Bortolazzi, inizialmente senza alcuna ricercatezza artistica, si protrassero poi per più di un secolo. La sua prima considerevole trasformazione in villa, con un giardino adorno di statue, fu attuata da Giacono Antonio (II), che, in occasione dei due matrimoni del figlio Lodovico, provvide a realizzare i successivi ampliamenti destinati soprattutto ai nipoti.